TEATRO E PAURA – TEATRO E GIOIA

teatro e paura

TEATRO E PAURA – TEATRO E GIOIA

Teatro e paura

Paura di esporsi, paura del palcoscenico, paura del pubblico, paura del fallimento, del giudizio (degli altri e del proprio), paura di perdere il controllo, di perdere certezze legate alla percezione di sé e del proprio corpo, di non capire, di essere sbagliati. Di faticare, di venire frustrati. Paura che si veda qualcosa di sé che si vuole nascondere. Sì perché il teatro è quel luogo dove si vede tutto. Si sta lì, esposti come sotto ad una lente di ingrandimento, come sottoposti ad una zoomata impietosa. Quante paure. Le conosco. Teatro e paura.

Fare teatro comporta affrontarle, perché raccontano di noi, di nostre antiche ferite. Fanno parte della nostra storia.

Per non sentirle c’è chi si tiene lontano dall’esperienza (gli uomini soprattutto), c’è chi la intraprende lo stesso ma si impermeabilizza, chi molla al primo tentativo giudicato “fallito”, o al primo conflitto con un collega.

Come dice Eugenio Barba, la resistenza è la prima dote di un attore. E la resistenza si allena con l’esercizio e la volontà.

Il teatro è un atto volitivo. Solo con la volontà si affrontano le paure che si affacciano quando intraprendiamo un processo creativo.

Volontà di starci, di sentire: il silenzio, il vuoto, l’ascolto. Riconoscere quello che ci succede. E sospensione del giudizio, dunque distacco. Un maestro di yoga diceva: “Il contatto si fa con il distacco”. Si riesce a toccare un’emozione (riconoscendola come propria), se la si lascia affiorare e la si osserva. A quel punto si può trasformare quel sentire.

E il teatro è il territorio del qui ed ora.

Per questo può diventare un’arte che sostiene un percorso evolutivo e trasformativo. Trasformativo dell’ascolto, della presenza, dell’attenzione, dell’empatia, della percezione di sé, dell’altro, delle proprie paure, dunque.

Un’arte curativa dell’anima.

Ma non solo teatro e paura. Anche teatro e gioia. Anzi: TEATRO E GIOIA. Esserci qui ed ora, godersi il momento presente, stare con quello che è e non con quello che dovrebbe essere, allertare tutti i sensi, essere vitali ed organici, vivere davvero sul palco, con una finzione perfetta nella forma perché reale nella sostanza. Vestire panni di altri, mettere e togliere maschere, le proprie e quelle di altri, con sapienza e consapevolezza. Tutto questo, quando si sperimenta, è una specie di ubriacatura a cui non siamo abituati, una libertà impensata, fa scoprire risorse personali mortificate.

Dona la bellezza della normalità straordinaria che serve nel teatro e fa bene nella vita.

Ragazze, ragazzi, donne, uomini, TEATRO E GIOIA. TEATRO E’ GIOIA.

TL